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Le Mille e Una Notte di Damasco, 1


di ElegantiInsieme
13.07.2025    |    625    |    5 8.8
"Isabella lo sentiva entrare e uscire da lei con lentezza, ogni colpo un’onda che la faceva tremare..."
NOTA DELL'AUTRICE:
Questa storia nasce dalla mia fantasia e da una scintilla creativa che, pagina dopo pagina, ha saputo dare vita a un mondo suggestivo e misterioso, attraversato da profumi d’Oriente e sussurri antichi. In essa ho voluto intrecciare realtà e sogno, sensualità e mistero, trasportando Isabella, e con lei chi legge, in un viaggio interiore fatto di riscoperta e desiderio.
Le Mille e Una Notte di Damasco si inserisce idealmente nel solco narrativo dei miei precedenti racconti, «La spezia del desiderio nel souk di Marrakech» e «Tra Ombre e Sogni nella Terra dei Jinn», continuando a esplorare quei luoghi dell’anima in cui l’Oriente si fa metafora del risveglio sensuale e della forza femminile.
So bene che non tutti amano i racconti di fantasia, ma questa è una mia scelta consapevole. Scrivere significa anche seguire la voce interiore, quella che ci porta oltre il visibile, dentro spazi sospesi dove tutto è possibile.
Spero che queste pagine vi avvolgano come un aroma inebriante, risvegliando emozioni sopite e accendendo nuove fantasie. Lasciatevi condurre tra mosaici d’oro, giardini segreti e sguardi che parlano più delle parole, come se foste anche voi protagonisti delle storie incantate di Shahrazad.
Con un pizzico di magia e tanta passione,
Laura.

***

PROLOGO:
La vicenda è ambientata nel 2009, in un periodo in cui la Siria manteneva ancora relazioni internazionali relativamente stabili, prima dell’inizio delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale. Queste ultime sarebbero entrate in vigore nel 2011, in seguito alla dura repressione delle manifestazioni popolari scoppiate nel marzo di quell’anno, nel contesto della Primavera araba. È in questo scenario prebellico, sospeso tra antiche tradizioni e apparente normalità, che prende avvio la nostra storia.
***
L'Arrivo a Damasco.
L’aereo dell’Air France cominciò la discesa, fendendo le nuvole polverose che avvolgevano Damasco in un bagliore ambrato. Isabella avvicinò il volto al finestrino, incantata dalla vista dell’antica città che si dispiegava sotto di lei come un tappeto ricamato di terra e luce. Le cupole delle moschee scintillavano sotto il sole pomeridiano, incastonate tra i tetti piatti delle case tradizionali, simili a cubi d’argilla scolpiti con sapienza millenaria. Federico, seduto accanto a lei, era concentrato sui suoi documenti di lavoro, già immerso nei progetti legati alle attività che lo avevano portato in Siria. Era un ingegnere della Total, la compagnia francese operante nel settore petrolifero del Paese.
"Guarda," sussurrò Isabella, toccandogli il braccio. "È come se stessimo atterrando in un'altra epoca."

Federico alzò lo sguardo per un momento, sorrise distrattamente e tornò ai suoi fogli. "Sì, molto pittoresco. Spero che l'hotel sia all'altezza degli standard occidentali."

Isabella sentì una fitta di delusione, ma la soffocò rapidamente. Dopo dieci anni di matrimonio, aveva imparato ad accettare il pragmatismo di Federico. Eppure, mentre l'aereo toccava la pista dell'aeroporto internazionale di Damasco, sentì qualcosa muoversi dentro di lei - una vibrazione sottile, come se la terra stessa la stesse chiamando.

* L'Incontro con l'Oriente *

Il caldo li colpì come un'onda non appena uscirono dall'aeroporto. Non era solo il calore del sole, ma qualcosa di più profondo: l'aria stessa sembrava densa di storia, carica di profumi speziati e di voci che parlavano in arabo con cadenze musicali. Isabella inspirò profondamente, sentendo cannella, cardamomo e qualcos'altro che non riusciva a identificare, forse incenso di legno di sandalo, o il profumo dei gelsomini che crescevano rigogliosi sui muri di pietra.

Il taxi che li portò in hotel attraversò prima i quartieri moderni della città, con i loro edifici in cemento e vetro che ricordavano qualsiasi capitale del Medio Oriente. Ma quando entrarono nella città vecchia, Isabella sentì il respiro mozzarle. Le strade si trasformarono in vicoli acciottolati, fiancheggiati da muri di pietra calcarea che sembravano aver assorbito secoli di sole. Balconi di legno scuro sporgevano dalle facciate, decorati con intarsi geometrici che creavano giochi di luce e ombra sui marciapiedi sottostanti.

"Allah wa sahlan," mormorò l'autista del taxi, sorridendo attraverso lo specchietto retrovisore. "Benvenuti a Damasco, la perla dell'Oriente."

L'hotel si trovava nel quartiere cristiano, a Shukri Al Quatli Street, una scelta deliberata di Federico per sentirsi più a suo agio. Il Four Seasons Damascus si ergeva come un'oasi di lusso moderno in mezzo alla città antica, con le sue facciate di marmo bianco e i giardini perfettamente curati. Isabella fu colpita dal contrasto, dalla sua finestra al sesto piano poteva vedere da una parte le piscine turchesi dell'hotel e dall'altra i minareti che svettavano verso il cielo come dita di pietra puntate verso Allah.

La loro suite era arredata in stile orientale moderno: tappeti persiani su pavimenti di marmo, mobili in legno di noce intarsiato, e lampade di ottone che proiettavano arabeschi di luce sulle pareti color crema. Federico si gettò immediatamente al lavoro, aprendo il suo laptop e iniziando una serie di telefonate in inglese che riempirono la stanza di termini tecnici e cifre.

Isabella si spogliò degli abiti da viaggio e si abbandonò a una lunga doccia, lasciando che l’acqua calda sciogliesse la stanchezza accumulata durante il viaggio. Quando uscì, avvolta in un accappatoio bianco soffice, Federico era ancora al telefono. Lo guardò per un momento, i suoi capelli castani leggermente brizzolati, il profilo concentrato, la camicia bianca già spiegazzata dal viaggio. Era ancora attraente, ma in quel momento le sembrò stranamente fuori posto, come se non appartenesse a quel luogo magico.

"Esco a fare una passeggiata per scoprire qualche posto qui vicino," annunciò Isabella, infilandosi un vestito di lino azzurro e sandali comodi.

Federico alzò la mano per coprire il microfono. "Stai attenta. Non allontanarti troppo dall'hotel."

Isabella annuì, ma nella sua mente aveva già deciso di esplorare la città vecchia. Prese la sua borsa di pelle marrone, quella che usava per i viaggi, e scese nell'atrio marmoreo dell'hotel. Il concierge, un uomo elegante con baffi curati, le sorrise cordialmente.

"Madame desidera visitare la città vecchia?" chiese in un francese impeccabile.

"Sì, mi piacerebbe vedere la Grande Moschea."

"Ah, la Moschea degli Omayyadi. Un gioiello dell'architettura islamica. Prego, prenda questa mappa. E ricordi, al tramonto, quando chiamano alla preghiera, la città si trasforma in poesia."

Uscendo dall'hotel, Isabella si ritrovò immediatamente immersa in un mondo completamente diverso. I vicoli della città vecchia si snodavano come vene di un organismo vivente, ciascuno con la sua personalità e i suoi segreti. Passò accanto a botteghe di artigiani dove martelli battevano su rame e ottone, creando melodie metalliche che si mescolavano alle voci dei venditori.

Il souq di Al-Hamidiyya si apriva davanti a lei come una cattedrale del commercio - un tunnel coperto lungo duecento metri, con un tetto di lamiera forata che lasciava filtrare raggi di sole dorato. L'aria era densa di profumi: spezie colorate ammucchiate in sacchi di juta, saponi all'olio d'oliva e alloro impilati come piccole piramidi, tessuti di seta che brillavano come gioielli liquidi.

I mercanti la salutavano con sorrisi calorosi: "Ahlan wa sahlan, ya sitt!" - Benvenuta, signora! I loro occhi brillavano di curiosità e cortesia genuina. Isabella si sentì avvolgere da una gentilezza che non aveva mai sperimentato nelle fredde città europee.

Quando emerse dal souq, si trovò di fronte alla Grande Moschea degli Omayyadi. Il sole del tardo pomeriggio illuminava la facciata di pietra calcarea, trasformandola in oro liquido. I tre minareti si ergevano verso il cielo come preghiere materializzate, e Isabella rimase senza fiato di fronte alla maestosità del complesso.

L'ingresso principale era un arco monumentale decorato con calligrafia araba che sembrava danzare sulla pietra. Gruppi di fedeli entravano e uscivano, alcuni in abiti tradizionali, altri in vestiti moderni. Isabella si avvicinò timidamente, incerta se fosse appropriato per una donna occidentale entrare.

"Posso aiutarla?" Una voce profonda e melodiosa la fece voltare.

L'uomo che le stava parlando in un italiano perfetto aveva sui quarant'anni, con capelli neri leggermente ondulati e occhi scuri che sembravano contenere profondità antiche. Indossava una camicia bianca di lino e pantaloni di cotone beige - vestiti semplici ma eleganti che accentuavano la sua figura slanciata. La sua pelle aveva il colore dorato di chi è nato sotto il sole mediorientale, e quando sorrise, Isabella notò che aveva denti perfettamente bianchi.

"Io... stavo osservando la moschea," balbettò Isabella, sentendosi improvvisamente a disagio sotto quello sguardo penetrante.

"È bellissima, non è vero? Una delle più antiche moschee del mondo. Sono Khalil," disse, tendendo la mano con un gesto che era insieme occidentale e orientale nella sua grazia.

"Isabella," rispose lei, notando che la sua mano era calda e morbida, con dita lunghe che suggerivano sensibilità artistica.

"Se desidera, posso mostrarle il cortile," offrì Khalil. "Sono uno dei bibliotecari qui. Lavoro nella biblioteca della moschea."

Isabella accettò, curiosa e stranamente attratta da quest'uomo che parlava la sua lingua con un accento che rendeva ogni parola musicale. Khalil la guidò attraverso l'ingresso, dove Isabella dovette coprirsi i capelli con un foulard leggero che aveva portato nella borsa.

Il cortile interno la lasciò senza parole. Era un rettangolo perfetto di marmo bianco, circondato da portici con archi a ferro di cavallo sostenuti da colonne antiche. Al centro, una fontana ottagonale rifletteva il cielo che stava assumendo le sfumature rosa e oro del tramonto. Le pareti erano decorate con mosaici bizantini che rappresentavano paesaggi paradisiaci: alberi di palma, fiumi cristallini, architetture fantastiche che sembravano sospese tra cielo e terra.

"Questi mosaici," spiegò Khalil, "sono stati realizzati da maestri bizantini nel VIII secolo. Rappresentano il paradiso terrestre secondo la visione islamica, un luogo dove scorrono fiumi di miele e latte, dove ogni desiderio dell'anima trova appagamento."

Isabella osservava i mosaici, ipnotizzata dai colori che sembravano pulsare di vita propria. Khalil la osservava mentre lei guardava, e nei suoi occhi c'era qualcosa che andava oltre la semplice cortesia professionale.
"Lei ha detto di essere interessata alla scrittura," disse Khalil, ricordando la conversazione precedente. "Forse le piacerebbe vedere la nostra biblioteca. Abbiamo manoscritti che risalgono al periodo abbaside."

Isabella annuì, sentendo un brivido di eccitazione all'idea di vedere libri antichi. Khalil la guidò attraverso una porta laterale che sembrava nascosta nella decorazione del muro. Percorsero un corridoio stretto e fresco, le cui pareti erano decorate con calligrafia araba che sembrava scorrere come un fiume di inchiostro nero.

La biblioteca era una rivelazione. Le pareti erano coperte di scaffali che raggiungevano il soffitto a cupola, pieni di libri rilegati in pelle di ogni colore rosso granata, verde smeraldo, blu oltremare, oro antico. L'aria sapeva di carta antica, cuoio e qualcosa che Isabella non riusciva a identificare - forse incenso, o il profumo di rose secche.

Al centro della sala, un tavolo di legno di noce intarsiato era illuminato da una lampada di ottone che proiettava cerchi di luce dorata. Khalil si avvicinò a uno scaffale particolare e ne estrasse un volume che sembrava brillare di luce propria.

"Questo," disse, posando il libro sul tavolo con reverenza, "è una copia originale delle Mille e Una Notte. Non la versione occidentalizzata che conoscete in Europa, ma questa è unica, i racconti originali di Shahrazad sono stati trascritti da lei stessa."

Isabella si avvicinò al libro emozionata con il cuore che batteva forte. La copertina era di pelle blu scuro, decorata con arabeschi dorati che sembravano muoversi alla luce della lampada. Quando Khalil aprì il libro, Isabella vide pagine di carta che sembrava seta, coperte di calligrafia araba che scorreva come poesia visiva.

"Le storie vere," sussurrò Khalil, "non sono quelle che conoscete in Occidente. Quelle sono state... addolcite. I racconti originali contengono una magia che pochi occidentali hanno mai sperimentato."

Isabella guardò Khalil, sentendo che c'era qualcosa di più profondo dietro le sue parole. I suoi occhi scuri sembravano riflettere secoli di saggezza, e quando sorrise, lei sentì un calore strano diffondersi nel petto.

"Potrei, potrei leggere alcune di queste storie?" chiese, con voce che tremava leggermente.

"Naturalmente," rispose Khalil. "Ma non qui. Questi libri richiedono un ambiente speciale per essere apprezzati appieno. Se vuole, domani posso mostrarle un luogo dove potrà immergersi completamente nelle storie."

Isabella annuì, sentendo che stava per intraprendere un viaggio che andava ben oltre la semplice lettura. Quando Khalil richiuse il libro, lei notò che le sue dita si soffermavano sulla copertina con una carezza quasi sensuale.

Quando uscirono dalla biblioteca, il sole stava tramontando dietro le montagne che circondavano Damasco. Il cielo era diventato una tela di colori, rosa, arancio, viola, oro, che si riflettevano sulle cupole e sui minareti della città. Il muezzin iniziò il richiamo alla preghiera, e la sua voce melodiosa si diffuse per tutta la città come un'onda sonora che toccava ogni pietra, ogni cuore.

Isabella si fermò nel cortile della moschea, sopraffatta dalla bellezza di quel momento. La voce del muezzin, i colori del tramonto, il profumo di gelsomino che saliva dai giardini nascosti: tutto si combinava in un'esperienza sensoriale che la faceva sentire più viva di quanto non si fosse sentita da anni.

"Allahu akbar," cantava il muezzin, e Isabella sentì che anche lei, pur non comprendendo le parole, stava rispondendo a quel richiamo con qualcosa di profondo nella sua anima.

Khalil la osservava con un sorriso che conosceva segreti antichi. "Domani," disse, "inizieremo il suo viaggio nelle vere storie di Shahrazad."

Il taxi che la riportò all'hotel attraversò le strade illuminate dalle luci notturne di Damasco. I café all'aperto erano pieni di uomini che fumavano narghilé e giocavano a backgammon, le loro risate si mescolavano ai suoni del traffico e alle melodie arabe che uscivano dai negozi ancora aperti.

Isabella guardò fuori dal finestrino, sentendo che qualcosa dentro di lei era cambiato. La città aveva risvegliato sensi che non sapeva di avere, e l'incontro con Khalil aveva acceso una curiosità che andava ben oltre l'interesse intellettuale.

Quando entrò nella suite dell'hotel, Federico era ancora al telefono, ora con qualcuno a Parigi. La guardò e le sorrise, coprendosi il microfono.

"Come è andata la passeggiata? Tutto bene?"

"Meravigliosa," rispose Isabella, ma si accorse che quella parola non riusciva a contenere tutto quello che aveva vissuto. "Ho visto la Grande Moschea. È... indescrivibile."

Federico annuì distrattamente e tornò alla sua conversazione. Isabella si sedette sul letto, guardando attraverso la finestra i minareti che si stagliavano contro il cielo notturno. Da qualche parte in quella città antica, Khalil stava custodendo storie che promettevano di trasformarla. E per la prima volta da anni, Isabella sentì che la sua vita stava per prendere una direzione completamente nuova.

Sospirò piano, si alzò e si diresse verso il bagno, decisa a liberarsi di quella stanchezza e di quel turbamento che le scivolavano addosso come polvere invisibile. Aveva bisogno di acqua, di calore, di solitudine.
Isabella uscì dalla doccia con la pelle ancora lucida d’acqua, le gocce che le scorrevano lente lungo il collo, tra i seni, fino a scivolare sull’addome e scomparire tra le cosce. L’asciugamano stretto intorno ai fianchi ne accentuava le curve, ma quando incrociò lo sguardo di Federico, fermo accanto al letto con gli occhi che la divoravano, lo lasciò cadere a terra senza una parola.
Era nuda, vibrante, bellissima. I suoi capezzoli erano turgidi per il contrasto tra il vapore caldo e l’aria fresca della stanza. I fianchi si muovevano con grazia, la schiena disegnata in una linea morbida e sensuale. Federico si avvicinò lentamente, come ipnotizzato. Le sfiorò la guancia con le dita, poi la prese tra le braccia e la baciò con foga, con urgenza. La sua lingua cercò subito la sua, mentre le mani le stringevano i glutei nudi, facendola aderire a sé.
Isabella sentì la sua erezione dura contro il ventre, e gemette appena, lasciandosi guidare verso il letto. Federico la stese dolcemente, le baciò la fronte, il collo, poi scese lungo il petto e le prese un seno tra le labbra. La sua lingua giocava con il capezzolo, lo succhiava, lo mordicchiava appena, mentre l’altra mano accarezzava l’altro seno, facendo fremere Isabella sotto di lui.
Le sue dita scesero lungo il ventre, sfiorando l’ombelico, poi si insinuarono tra le gambe socchiuse. Isabella era già umida, calda, aperta. Quando sentì le sue dita affondare lentamente dentro di lei, lasciò andare un gemito profondo, arcuando il bacino per andargli incontro. Federico la penetrò con due dita, muovendole dentro di lei con movimenti lenti, circolari, mentre il pollice le accarezzava il clitoride con una dolcezza sapiente. Isabella si agitava, il respiro sempre più affannoso, le mani che si stringevano alle lenzuola.
“Voglio sentirti tutta,” le sussurrò lui, la voce roca di desiderio.
Si spogliò in fretta, liberandosi dei pantaloni e della camicia, poi si stese su di lei. Le gambe di Isabella si aprirono senza esitazione, accogliendolo tra le cosce bagnate. Federico la penetrò lentamente, profondamente, gemendo nel sentirla così calda e stretta attorno a sé. Rimasero fermi per un momento, uniti, occhi negli occhi, respirando insieme.
Poi cominciò a muoversi, con un ritmo profondo e regolare, facendo ondeggiare i suoi fianchi contro quelli di lei. Isabella lo sentiva entrare e uscire da lei con lentezza, ogni colpo un’onda che la faceva tremare. Le mani di lui erano ovunque: le stringeva i fianchi, le accarezzava i seni, le sfiorava il viso come a volerla imprimere nella memoria.
I loro corpi si muovevano con intensità crescente, il rumore sordo dei loro bacini che si incontravano si univa ai gemiti bassi e carichi di piacere. Federico aumentò il ritmo, spingendo più a fondo, più in fretta, fino a quando Isabella cominciò a tremare sotto di lui, le unghie che gli graffiavano la schiena, il respiro spezzato, gli occhi chiusi per contenere la marea che la travolgeva.
Vennero quasi insieme, in un’esplosione calda e travolgente che li lasciò senza fiato. Federico si lasciò cadere accanto a lei, ancora ansimante, accarezzandole la coscia umida, mentre Isabella si voltava su un fianco, il corpo ancora scosso dai brividi dell’orgasmo.
Si baciarono piano, senza parole. Ma nella mente di Isabella, nonostante la passione appena consumata, un altro volto tornava a imporsi con forza: quello di Khalil. E con lui, il desiderio di un abbandono ancora più profondo, più proibito, più vero.
La notte damascena la avvolse come un velo profumato, piena di promesse e sussurri. Isabella si addormentò con l’anima in subbuglio, cullata dal ricordo di mosaici dorati e di occhi scuri che custodivano segreti antichi quanto il tempo stesso.
Il Primo Manoscritto

Isabella si svegliò all'alba con una sensazione strana, come se qualcosa l'avesse chiamata dal sonno. La luce dorata del sole siriano filtrava attraverso le tende di seta della suite, creando motivi arabescati sul soffitto. Accanto a lei, Federico dormiva profondamente, il suo respiro regolare e privo di sogni. Lei si alzò in silenzio, avvolta solo da una camicia da notte di seta avorio che le accarezzava la pelle mentre si muoveva verso la finestra.

Damasco si stendeva sotto di lei, sveglia e pulsante di vita. I minareti si ergevano come sentinelle silenziose contro il cielo che si tingeva di rosa e oro, e Isabella sentì di nuovo quel richiamo misterioso che l'aveva svegliata. Era come se la città stessa la stesse chiamando, sussurrandole segreti che solo lei poteva sentire.

Si vestì con cura, scegliendo un abito di cotone bianco che le accarezzava le curve senza stringere, e sandali di cuoio che le permettevano di camminare silenziosamente sui pavimenti di marmo. Lasciò un biglietto per Federico: "Esco per la colazione e una passeggiata. Torno nel pomeriggio", e uscì dalla suite come un fantasma.

La Grande Moschea era diversa al mattino. L'aria era fresca e profumata di gelsomino e acqua di rose, e i primi fedeli iniziavano ad arrivare per la preghiera dell'alba. Isabella si coprì i capelli con un foulard di seta azzurra e si diresse verso l'ingresso laterale che Khalil le aveva mostrato il giorno prima.

Lo trovò nella biblioteca, seduto al tavolo di noce intarsiato con davanti a sé diversi manoscritti aperti. Indossava una camicia di lino bianco che lasciava intravedere la linea del collo e delle spalle, e quando alzò lo sguardo per salutarla, Isabella notò che i suoi occhi avevano riflessi dorati alla luce del mattino.

"Sapevo che saresti venuta," disse, alzandosi con un movimento fluido che ricordava una danza. "Le storie la stavano chiamando, vero?"

Isabella annuì, sentendo un brivido percorrerle la schiena. "Come faceva a saperlo?"

"Le storie di Shahrazad hanno un potere particolare sulle anime sensibili," rispose Khalil, avvicinandosi a lei. "Riconoscono chi è capace di comprenderle veramente."

Khalil la guidò verso il tavolo dove aveva preparato un manoscritto particolare. Era più piccolo degli altri, rilegato in pelle rossa scura che sembrava pulsare di vita propria. La copertina era decorata con intarsi d'oro che rappresentavano una donna dalla lunga chioma nera, circondata da perle e gioielli.

"Questa," disse Khalil, posando delicatamente le mani sulla copertina, "è la storia della Principessa Yasmin e del Mercante di Perle. È uno dei racconti più, intensi della collezione."

Isabella si sedette accanto a lui, così vicina da poter sentire il profumo della sua pelle - una miscela di legno di sandalo, ambra e qualcosa di più personale e inebriante. Quando Khalil aprì il libro, Isabella vide pagine di carta che sembrava seta color crema, coperte di calligrafia araba che scorreva come poesia liquida.

"Posso leggerle la storia," offrì Khalil, "tradurla per te mentre leggo."

Isabella annuì, chiudendo gli occhi per concentrarsi sulla sua voce. Khalil iniziò a leggere in arabo, la sua voce profonda e melodiosa che riempiva la biblioteca di suoni che sembravano incantesimi. Poi iniziò a tradurre, e Isabella si ritrovò trasportata in un altro mondo.

"C'era una volta una principessa di nome Yasmin," iniziò Khalil, la sua voce che diventava più morbida e ipnotica, "che viveva in un palazzo di marmo bianco sulle rive del Tigri. Aveva diciotto anni e una bellezza che faceva impazzire gli uomini, ma il suo cuore era freddo come il marmo del suo palazzo."

Isabella aprì gli occhi e vide che Khalil la stava guardando mentre leggeva, come se stesse raccontando la storia direttamente a lei.

"Un giorno, un mercante di perle arrivò al palazzo. Era un uomo maturo, con occhi scuri come la notte e mani che sembravano conoscere tutti i segreti del mondo. Portava con sé perle così belle che sembravano gocce di luna cadute nel mare."

Mentre Khalil parlava, Isabella iniziò a sentire profumi strani nell'aria: acqua di rose, gelsomino, e qualcosa di più esotico che non riusciva a identificare. La luce nella biblioteca sembrava cambiare, diventando più soffusa e dorata.

"Il mercante mostrò le sue perle alla principessa," continuò Khalil, "e quando lei le toccò, sentì una corrente elettrica attraversarle le dita. 'Queste perle,' le disse il mercante, 'sono state pescate nel Mar Rosso durante la luna piena. Hanno il potere di risvegliare i desideri più profondi dell'anima.'"

Isabella sentì le sue dita formicolare, come se stesse davvero toccando quelle perle magiche. Guardò le sue mani e per un momento le sembrò di vedere al polso un braccialetto di perle che brillavano di luce propria.

"La principessa Yasmin," continuò Khalil, la sua voce ora così bassa da essere quasi un sussurro, "iniziò a provare sensazioni che non aveva mai sentito prima. Il mercante le mise una collana di perle attorno al collo, e ogni perla che toccava la sua pelle sembrava accendersi di fuoco."

Isabella portò istintivamente la mano al collo, sentendo la pelle calda e sensibile. Khalil notò il gesto e sorrise, continuando a leggere.

"'Cosa mi sta succedendo?' chiese la principessa. 'Sto risvegliando la donna che è in te,' rispose il mercante. 'Quella che hai tenuto prigioniera per troppo tempo.'"

L'aria nella biblioteca sembrava diventare più densa, carica di una tensione che Isabella non aveva mai sperimentato. Sentiva il suo cuore battere più veloce, e la sua pelle diventare più sensibile al tessuto dell'abito che la avvolgeva.

"Il mercante," continuò Khalil, avvicinandosi ancora di più a Isabella, "chiese alla principessa di chiudere gli occhi e di fidarsi di lui. Poi iniziò a far scorrere le perle sulla sua pelle - prima sul collo, poi sulle braccia, poi..."

Khalil si fermò e guardò Isabella negli occhi. "Posso mostrarle come si sente quando si tocca una perla vera?"

Isabella annuì, il respiro che si faceva più corto. Khalil aprì un piccolo cofanetto di legno che aveva sul tavolo e ne estrasse una perla perfetta, grande quanto una nocciola e luminosa come la luna.

"Dia la mano," sussurrò.

Isabella tese la mano, e quando Khalil vi posò la perla, lei sentì davvero una corrente elettrica attraversarle le dita. La perla era calda, come se fosse viva, e sembrava pulsare con un ritmo che corrispondeva al battito del suo cuore.

"Cosa sente?" chiese Khalil, la sua voce appena udibile.

"È, è calda," balbettò Isabella. "E sembra vibrare."

"Esatto," disse Khalil, iniziando a far rotolare lentamente la perla sul palmo della sua mano. "Le perle vere assorbono l'energia di chi le tocca. E lei ha un'energia molto... particolare."

Isabella guardava la perla che rotolava sulla sua pelle, sentendo ondate di calore che si diffondevano dal palmo su per il braccio. Era come se ogni terminazione nervosa si stesse risvegliando dopo un sonno profondo.

"Nella storia," continuò Khalil, senza smettere di muovere la perla, "il mercante fece sdraiare la principessa su cuscini di seta e iniziò a massaggiarle la pelle con le perle. Ogni perla che toccava la sua pelle risvegliava ricordi di vite passate, di amori dimenticati, di passioni che aveva represso."

Isabella chiuse gli occhi, sentendo che la storia e la realtà si stavano fondendo. La perla continuava a rotolare sulla sua pelle, e lei iniziò a immaginare di essere la principessa Yasmin, sdraiata su cuscini di seta mentre un uomo misterioso risvegliava i suoi sensi.

"La principessa iniziò a gemere dolcemente," sussurrò Khalil, la sua voce che sembrava venire da molto lontano. "Non aveva mai sentito il suo corpo rispondere così intensamente a un tocco."

Isabella sentì un gemito sfuggirle dalle labbra, e si rese conto che stava reagendo fisicamente alla storia. Il suo corpo si stava risvegliando in modi che non aveva mai sperimentato, nemmeno nei momenti più intimi con Federico.

All'improvviso, Isabella non fu più nella biblioteca. Si trovava in un palazzo di marmo bianco, sdraiata su cuscini di seta color oro e cremisi. Indossava solo un velo trasparente che le accarezzava la pelle, e davanti a lei c'era un uomo che aveva il volto di Khalil ma gli occhi ancora più profondi e magnetici.

"Principessa," disse l'uomo, e la sua voce era la stessa di Khalil ma con un timbro più antico, "lascia che ti mostri chi sei veramente."

L'uomo iniziò a far scorrere perle sulla sua pelle - prima sul collo, poi sulle braccia, poi lungo la linea del décolleté. Ogni perla che la toccava lasciava una scia di fuoco, e Isabella sentì il suo corpo arcuarsi involontariamente verso quel tocco.

"Sì," sussurrò l'uomo, "così. Lascia che il tuo corpo parli."

Isabella sentì ondate di piacere che non aveva mai provato prima, come se ogni cellula del suo corpo si stesse risvegliando dopo un sonno profondo. La sua pelle era diventata così sensibile che anche l'aria sembrava accarezzarla.

"Isabella." La voce di Khalil la richiamò dolcemente alla realtà. Aprì gli occhi e si ritrovò nella biblioteca, ma il suo corpo stava ancora tremando per le sensazioni che aveva provato. La perla era ancora nella sua mano, calda e pulsante.

"Cosa... cosa mi è successo?" chiese, la voce che le tremava.

"Ha sperimentato il potere delle storie vere," disse Khalil, osservandola con occhi che sembravano leggere nella sua anima. "Le storie di Shahrazad non sono solo racconti. Sono incantesimi che risvegliano parti di noi che abbiamo dimenticato."

Isabella guardò la perla nella sua mano, poi guardò Khalil. "Era... era tutto così reale."

"Perché era reale," rispose Khalil. "In un altro tempo, in un altro luogo, lei è stata quella principessa. E io... io sono stato quel mercante."

(CONTINUA)

P.S.
Questa storia nasce dalla mia fantasia e da una scintilla creativa che ha dato vita, pagina dopo pagina, a un mondo intriso di profumi d’Oriente, sussurri antichi e sogni che sfumano nella realtà. Con Isabella ho voluto accompagnarvi in un viaggio sensuale e misterioso, dove ogni dettaglio è un invito a lasciarsi trasportare.
Se questo primo episodio ha risvegliato qualcosa in voi,un’emozione, un ricordo, un desiderio, sarò felice di leggerlo nei vostri commenti. Un like o un pensiero sono piccoli gesti, ma per chi scrive, hanno un valore immenso.
Vi aspetto presto, per continuare insieme questo cammino tra le mille e una notte.
Laura
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
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